MPM GENS

Spiriti Nomadi

9 agosto 2017

All’inizio, Dio creò il Centauro, e vide che era cosa buona e giusta. Dio gli mostrò gli spazi sconfinati e gli disse: “Tutto questo è per te”. Il Centauro apprezzò e se la filò via scalpitando, e nessuno lo vide più. Allora Dio creò l’Uomo e questi, dopo aver mangiato il frutto dell’Albero della Sapienza, venne a sapere del Centauro e da allora gli è sempre rimasta – diamo pure la colpa alla “memoria genetica” – una dannata invidia nei suoi confronti. Chiunque abbia mai cavalcato, o più facilmente – ai giorni nostri – posato il sedere sulla sella di una moto, sa perfettamente come lo spirito del Centauro gli si sia risvegliato impellente, prorompente, malandrino e beffardo, incurante dei luoghi comuni, perennemente attratto dal concetto stesso di nullità del limite. Il Centauro è l’unico essere – tranne forse i carcerati – a capire pienamente il significato di prigione e a volerlo sfuggire in tutti i modi, fossero anche le quattro mura di cemento della propria beneamata casa o le quattro mura di lamiera della propria – quando e se mai ce l’avesse – automobile. Non esiste profumo di donna che possa competere con la fragranza dell’aria che ti schiaffeggia mentre corri in sella alla tua moto ed il Centauro lo sa perfettamente, così come ha acquisito, nei secoli, una serie di comportamenti che pian piano si sono distillati e insinuati nella compagine scelta di coloro che del viaggiare in moto hanno fatto, più che una scelta di vita, un opera d’arte. Con tutti i corollari e codici morali, di impegno, sussistenza ed etica che questo comporta. Il Centauro ha in sé il Cavaliere medievale, che faceva del vagabondare – quasi sempre alla ricerca di qualcosa, tanto per dare una motivazione pubblica al puro personale godimento dello stare a cavallo – il leit-motiv della propria esistenza, dunque immancabilmente con quella purezza d’animo, quel sovrano distacco da ogni tornaconto, quella dedizione al mutuo soccorso nei confronti non solo di donzelle in pericolo ma di chiunque lo meritasse o lo richiedesse. I secoli sono scivolati silenziosi sulle spalle del mondo ma i sentieri tracciati da questi spiriti indomiti sono stati ricoperti d’asfalto e nuovamente percorsi dai Centauri moderni che non più nitriti sentono attraverso le celate metalliche ma ben più gagliardi rombi . Oggi, le strade infinite dell’anima vengono battute da milioni di Centauri ma i sentieri più indisciplinati e reconditi sono scoperti, e anelati perfino, da confraternite ideali, nomadi solitari, piccoli gruppi di fratelli accomunati talvolta dai loro colori, come i vessilli che garrivano nel vento ormai dimenticati. Centauri che fanno del mondo la propria patria, che fanno di chi incontra la propria gente, che aiutano e non chiedono – se non rispetto – compenso alcuno. Cavalieri senza tempo, li puoi trovare per caso, li puoi vedere sfrecciare via, con il sorriso sul volto, amanti della regola del silenzio, scevri da menzogne e vane lusinghe terrene. Cosa chiedono in fondo, se non la strada sotto le ruote, il cielo sopra la testa e un piatto da dividere con i compagni più cari? Guardiamoli con invidia, perché noi siamo solo umani, mentre loro… Loro sono...

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